Giornalisti
È un giovedì, il 28 febbraio del 2013. Tra sei giorni David
Rossi morirà. Giù da una finestra – dicono quella del suo ufficio al terzo piano – della sede storica del Monte dei Paschi a
Siena. Rocca Salimbeni è un simbolo di potere, di ricchezza e di
così tanti soldi che sembrano non debbano finire mai: un’eredità
dispensata dal cielo come manna e che, prima del tracollo, venivano fatti piovere “sul territorio” a centinaia di milioni l’anno.
A essere precisi la stanza di David si trova a Palazzo Spannocchi, un’ala della sede centrale dell’istituto, fatto costruire dal
ricchissimo mercante Ambrogio Spannocchi appena un anno
dopo la nascita di questo simbolo, nel 1473. Ma per brevità e
per antonomasia, ci riferiremo a questo agglomerato di soldi e
potere come “Rocca Salimbeni”, dal nome del palazzo che dà
sull’omonima piazza, voluto dall’ancora più potente famiglia di
banchieri, sede fin dal 1472 del Monte Pio, la banca più antica
del mondo sorta per combattere gli usurai.
Per uno strano contrappasso, al culmine delle indagini della
Procura di Siena, cinquecentoquarantuno anni dopo, i vertici di
Mps saranno accusati (anche) di usura nei confronti dell’istituto,
e quindi dei risparmiatori e degli azionisti, in combutta con le
banche d’affari internazionali (secondo l’accusa poi caduta nel
nulla). E per l’incastro di toponomastica e caso, la vita di David
finirà in un budello senza uscita tra i palazzi della Rocca: vicolo
Monte Pio.
Sarà subito “suicidio”.
Sei giorni prima, quel giovedì 28 febbraio David incontra un
suo vecchio amico e collega. Hanno cominciato questo mestiere
insieme, lui è un altro David, David Taddei e quel 28 febbraio
è un giorno particolare. È come se il tempo si fosse messo ad
accelerare, come capita nei passaggi cruciali della storia (“… il
tempo si è fatto breve”). La storia con la S maiuscola. Quella delle
persone agli incroci senza ritorno delle loro vite.
È il giorno in cui il consiglio d’amministrazione della banca in
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mezzo alla tempesta deve formalizzare la decisione che dovrebbe essere una specie di spartiacque. Un confine netto e invalicabile tra i responsabili del disastro, gli ex potenti che nessuno
più osanna e i vertici del nuovo corso e del salvataggio, secondo
la vulgata dei media. Una svolta nei destini di Mps sull’orlo del
disastro impersonata dal presidente Alessandro Profumo, il banchiere che ha inaugurato una strana moda e per due volte si è
fatto fotografare diligente in fila per scegliere il candidato premier alle primarie del Pd, il Partito democratico – solo un paio
d’anni prima la Repubblica lo indicava come uno dei futuri leader
maximi della sinistra –, e dall’amministratore delegato Fabrizio
Viola. Domani verrà depositata la causa contro Deutsche Bank
e Nomura per la vicenda delle due operazioni in derivati Alexandria e Santorini. Al termine della riunione c’è una fuga di notizie
e quell’informazione che dovrebbe essere riservata finisce sul
Sole 24 ore.
I sospetti per la spifferata lambiscono anche David Rossi, capo
della comunicazione dell’istituto, che per lavoro è in contatto
con i giornalisti. Successivamente sarà accusato di insider trading
per la fuga di notizie uno dei membri del consiglio di amministrazione e poi assolto dopo essere stato sospeso dalla carica.
Il 28 febbraio Taddei passa a salutare Rossi a Rocca Salimbeni.
“Non voleva che parlassimo nel suo ufficio, così ci siamo messi a camminare lungo i corridoi. Aveva paura ci fossero le cimici,
le microspie: ‘Ci possono sentire’ mi sussurrò” ricorda. “‘Ma
non abbiamo chissà cosa da dirci’ gli feci io...”
Era un appassionato cultore di gialli, di saggi storici, di battaglie, David Rossi.
“Per un periodo abbiamo fatto anche le vacanze insieme. Al
mare se li divorava.”
Aveva un interesse particolare per la Seconda guerra mondiale.
Un suo pallino erano i mezzi e le strategie di comunicazione del
Terzo Reich.
“Lo chiamavamo ‘nazi’ o ‘naziskin’ proprio per questo e dopo
un taglio di capelli molto ardito”, ride l’amico. Ma David Rossi
non era certo di destra. E quel giovedì 28 febbraio cosa teme-
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va? Era preoccupato che le mura della Rocca sentissero. Ma che
cosa? Quali segreti potenzialmente per lui pericolosi avrebbero
potuto carpire dai suoi dialoghi?
“Ero passato solo per chiedergli se confermava una pubblicità
della banca su un free press e, così, per salutarlo. Figurati. Tant’è
che dopo esserci presi un caffè alle macchinette, tornammo a
parlare nella sua stanza” ricorda David Taddei. “Ci conoscevamo molto bene. Abbiamo condiviso la gavetta per dieci anni,
praticamente abbiamo lavorato passando le giornate insieme.
No, prima non era così…”
Ecco: ma com’era David Rossi, chi era? Bella domanda. E chi
lo sa… Nemmeno le persone più vicine, si può dire, lo hanno conosciuto fino in fondo. Riservato, introverso, intelligente,
sempre in ordine, ben vestito: ecco, questo dice già qualcosa.
Dava molta importanza a come appariva, alla sua connotazione
pubblica, al ruolo che aveva conquistato passo dopo passo, arrivando dalla gavetta nei giornali, che non è proprio una passeggiata. Capace anche di vivere passioni viscerali: il Palio e la Lupa,
la sua contrada. E anche questa, a Siena, è quasi un’ovvietà e non
aggiunge granché.
Abbiamo una casella barrata che invece dovrebbe essere una
certezza: la vita professionale di David, quella di essere un giornalista. Ma ancora una volta non è molto. Era o faceva il giornalista, secondo una linea sottile di cui ai più probabilmente non
frega niente, ma che tra noi a volte è oggetto di arrovellamenti? Fai il giornalista se avresti potuto scegliere anche altri lavori,
come l’attore, il medico, il viaggiatore, mentre sei giornalista se
nella vita non avresti potuto fare altro… Mi dispiace: non lo so,
non l’ho capito, se David era o faceva il giornalista.
Amava l’arte. Dipingeva molto bene, scriveva. Infatti si era
laureato in storia dell’arte da studente-lavoratore. Classe 1961,
aveva cominciato facendo il grafico, a disegnare volantini. Era
figlio di un dipendente del Monte, che a sua volta da usciere era
andato in pensione come responsabile del suo settore. David
non aveva però voluto seguire il percorso facile dei figli della
Siena da bere: posto garantito a vita da “Babbo Monte”, come
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ancora oggi i suoi concittadini chiamano l’ex forziere della città.
Fino al 2018 – a dieci anni abbondanti dall’inizio del disastro –
il corteo storico del Palio prima passava e si inchinava davanti
alla banca-città, poi in seconda battuta si dirigeva alla Prefettura,
simbolo dello Stato italiano.
David no, aveva voluto camminare sulla sua strada. Dicono
che negli ultimi tempi con il padre in pensione i rapporti fossero ruvidi proprio a causa del Monte e del suo amico Giuseppe
Mussari: “State portando alla rovina la banca” gli rimproverava il
genitore e capitava che gli incontri diventassero discussioni negli
ultimi mesi di vita del vecchio ex usciere. Nessuno poteva prevederlo, ma quelli saranno anche gli ultimi mesi di David.
“Il tempo si è fatto breve...”.
Il padre muore di malattia a novembre del 2012, quattro mesi
dopo la vita di David finisce sulla pietra serena di vicolo Monte
Pio.
“David io l’ho trovato al Cittadino, nel 1993. Allora non era
giornalista, faceva il grafico perché disegnava bene.” Il cittadino
esiste ancora oggi nella versione on line. All’epoca personificava
l’illusione che la caduta della Prima Repubblica potesse rappresentare una nuova stagione, una ventata d’aria fresca e che potessero nascere giornali liberi. Il Cittadino ha per editori la famiglia
Rugani, proprietaria di una famosa e prestigiosa clinica, il direttore è Duccio Rugani che ha lasciato il Corriere di Siena e fiancheggia apertamente il sindaco, Pierluigi Piccini. Piccini, dirigente del Monte, colto (oggi sta prendendo la quinta laurea), mente
aperta, da sindaco è entrato in rotta di collisione con il suo partito, l’ex Pci. Ha capito che la spallata per via giudiziaria che ha
spazzato via Democrazia cristiana, Partito socialista e partiti laici
in tutta Italia, aprirà pure grandi orizzonti per il partito vestito
di nuovo alla conquista del Palazzo d’inverno, ma Siena rischia
di finire sotto una cappa di potere opaco, imperniato sul Monte,
ma che vede il Monte come un’infinita greppia.
Non fa bene alla città, non fa bene alla banca.
“Il Cittadino era nato per fare il culo alla massoneria” riassume
forse in modo troppo sintetico però efficace David Taddei. Ma
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la pubblicazione delle presunte liste degli iscritti alle logge sarà
un bagno di sangue, gli editori perderanno anche la clinica per
fare fronte alle cause che sommergono la testata.
David Rossi era stato arruolato come impaginatore. Ogni giorno l’uscita era una scommessa. “Era una specie di bricolage fatto
in casa, i pezzi scritti in word, visto che all’epoca non c’erano o
erano poco diffusi i software di grafica a buon mercato” dice
l’altro David. E il futuro capo della comunicazione di Mps s’era
già fatto un nome come disegnatore, tra i pochissimi che sapessero usare X-press, uno dei primi se non l’unico programma di
computer design, per Canale 3, storica tv locale, e per La Voce
del Campo, testata interamente dedicata a contrade e Palio, il solo
vero argomento ed epopea che assorbono l’interesse di Siena
365 giorni all’anno.
Ma è qui che il destino annoda i suoi fili. Perché come avviene
spesso nei giornali, David Rossi viene spedito e promosso sul
campo. Da grafico-impaginatore-tuttofare a giornalista, per la
precisione cronista “di bianca”, è lui a seguire il Palazzo Comunale, la giunta e il consiglio. Ed è qui che avviene l’incontro
con la politica e il potere, sotto forma del rapporto diretto col
sindaco Pierluigi Piccini.
“Decidemmo di mandare lui a fare la cronaca del Comune.
Preparato, colto, tutto compreso di sé, impeccabile nel vestire: ci
sembrava fosse il più adatto al ruolo…” Intelligenti ed eruditi, i
due, sindaco e suo futuro portavoce, si studiano per anni.
Nel 1996 David e David lasciano Il Cittadino. Danno vita alla
loro agenzia di stampa. Perché questa è la seconda grande illusione degli anni Novanta, post-caduta della Prima Repubblica,
ovvero che l’informazione sia territorio di chi l’informazione la
fa. I giornalisti. Invece dagli anni Ottanta è diventata sempre
più merce di scambio tra potere finanziario, padrone ormai delle
principali aziende editoriali, e potere politico, nell’assodato do ut
des del periodo (tu dai leggi e delibere compiacenti a me, e io ti
metto a disposizione le paginate dei miei giornali). Poi, dai primi
anni Duemila, l’informazione a livello planetario diventa il bottino dei giganti di internet che allegramente prosciugano i conte-
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nuti, non pagano tasse e si arricchiscono in modo stratosferico.
All’avventura partecipa anche Maurizio Bologni, giornalista
di la Repubblica. Fondano anche Siena news, uno dei primi dieci
giornali on line che esiste ancora. Ma soprattutto fanno da ufficio
stampa esterno per il sindaco.
“Quando non c’era uno dei due, David o Maurizio, li sostituivo io” racconta Taddei. “Da un certo punto in poi, però, Piccini
si fida più di David che di noi.”
Lo stesso rapporto esclusivo David Rossi lo trasferirà al legame con Giuseppe Mussari, l’ex studente fuorisede di Catanzaro
e neo-avvocato, anche lui nell’orbita del partito, i Ds, e che sarà
il futuro re di Siena per un decennio. Mussari da scoperta di
Piccini ne diventa così il principale antagonista. A fine mandato come primo cittadino, Pierluigi Piccini dovrebbe diventare il
presidente della Fondazione Monte dei Paschi che controlla la
banca. Capisce di banche e di quella in particolare, invece l’avvocato Giuseppe Mussari non nasconderà di sentirsi prestato
al mestiere di banchiere. Ma l’ex sindaco è un outsider, fa di testa
sua, non è controllabile e si è fatto troppi nemici: dopo la crociata contro la massoneria davvero pensa di mettere piede nella
stanza dei bottoni di una banca, anzi della Banca più antica del
mondo? Al suo posto viene scelto invece Mussari che si porta
come addetto stampa David Rossi. A Siena da allora circola questo motto. “In città Peppino aveva due amici: Franco Masoni,
fondatore di Canale 3, e l’ex sindaco Piccini. A uno ha rubato
la moglie, Luisa Stasi, bella e ricca, diventata la signora Mussari.
All’altro ha rubato la poltrona…”
Battutacce da senesi che in fatto di lingue taglienti non hanno
nulla da imparare dai loro cugini, ex nemici, fiorentini.
E quando Giuseppe Mussari diventa l’affascinante e trascinatore
capo di Mps nel 2006, David lo segue: il primo responsabile della
comunicazione che nella secolare storia dell’istituto è assunto a
tempo indeterminato. Con tanto di gratificazioni e stipendio da
megadirigente, annessi e connessi, che per qualsiasi giornalista
sarebbero più che soddisfacenti, ma che per un ex ragazzo
partito dalla casella di grafico, non erano neppure immaginabili.
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Sembra la coronazione di un sogno: l’ex grafico pubblicitario,
quel ragazzo sempre inappuntabile, ha in mano praticamente la
stampa economica italiana.
Invece è l’inizio dell’incubo.
Il nuovo ruolo non gli ha dato alla testa, dentro resta quello che era: serio, rigoroso, sempre preparato. Impensabile per
lui farsi cogliere meno che all’altezza, bravo nel suo lavoro. Talmente bravo che, a volte, magari a mezza bocca, si dice fosse
“stronzo”. Quando esce un pezzo sgradito, sempre da quello
che si dice, era lui ad alzare il telefono. “Vi togliamo la pubblicità” ringhiava.
“Ma perché gli altri nella sua posizione cosa fanno?” replica
Taddei. “Da quando era andato in Mps ci vedevamo di meno.
Ma continuava a fare le cose di sempre: andava a correre, usciva
col cane… Se era cambiato a livello personale? Beh, forse un pò
sì.”
Da ex grafico “perché disegnava bene”, innamorato dell’arte,
ex aspirante giornalista che impaginava i pezzi scritti in word per
un giornale tenuto in piedi dalla passione e da una sfida persa in
partenza contro i poteri invisibili di questa città etrusca, metafora dell’Italia, è diventato un uomo di potere, David. Ma non ha la
corazza per esserlo. La sua vera passione non sono le scalate dei
listini, non sono gli andamenti ormai al cardiopalma dei mercati,
di cui in realtà capisce poco e che lo affascinano ancora meno. Il
suo mondo sono i colori, i libri, le mostre d’arte, i suoi quadri, i
paesaggi che ritrae con il tratto minuzioso da bravo acquarellista.
La “guerra per banche” comincia ad affiorare proprio quando
lui entra a Palazzo Salimbeni.
Le avvisaglie ci sono state con la tentata scalata a Bnl, la Banca
nazionale del lavoro, da parte del capo delle coop e Giovanni
Consorte ne esce con le ossa rotte mentre i suoi compagni di
strada, gli immobiliaristi, i mitici “furbetti del quartierino”, finiscono addirittura in prigione. David no, non ha il pelo sullo
stomaco richiesto a chi impersona il potere dei poteri, quello
dei soldi, lo sterco del demonio. E che soprattutto ha i talenti
per maneggiarlo uscendone con le mani che sanno di lavanda.
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David no.
Ha un tallone d’Achille fin troppo evidente, il figlio dell’ex
usciere. Forse è il punto debole, spesso, proprio di chi viene dal
nulla: ci tiene fin troppo al ruolo, alla reputazione, al buon nome
della famiglia. A quel qualcosa che ha a che fare con la parte più
recondita del sé: anima, l’abbiamo chiamata.
Insomma, il 6 marzo 2013, David è la persona sbagliata al posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Il protagonista, suo malgrado, di una storia sbagliata.